Tesoro di San Lorenzo

Categoria (tipo)

Museo Civico

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Denominazione

Museo del Tesoro di San Lorenzo

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Denominazione originale

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Ubicazione

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Circoscrizione:

Centro Storico

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Indirizzo:

Piazza San Lorenzo, 16123 Genova

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Telefono:

Biglietteria: 010 2471831

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Fax:

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Indirizzo Web:

http://www.museidigenova.it

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email:

museotesorogenovaþ@libero.it

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Notizie storiche

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Data (inaugurazione):

1956

 

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Attività (uso attuale):

Museo aperto al pubblico

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Annotazioni/Descrizione

All’interno della Cattedrale di San Lorenzo è possibile visitale il Museo del Tesoro che custodisce il Tesoro della Cattedrale costituito nel corso del XII secolo come raccolta di oggetti che si è arricchita nei secoli successivi, attraverso donazioni sia ufficiali che private, contributi di stato e di devozione. Le opere d’arte in esso conservate, si contano quarantanove oggetti, hanno un valore sia storico che devozionale e sono suddivisi in tre filoni principali, suddivisione discendente dalla proprietà dei pezzi, rispettivamente di pertinenza del Comune di Genova, della Protettoria della Cappella di San Giovanni Battista e del Capitolo della Chiesa Metropolitana:

1^ tematica: “il nesso tra istituzioni cittadine e Cattedrale”

2^ tematica: “il culto riservato nella Cattedrale a San Giovanni Battista”

3^ tematica: “le necessità del culto e della celebrazione in Cattedrale assicurate dal Capitolo dei Canonici”.

Presso il Museo sono conservati anche inventari datati tra Tre e Cinquecento anche se pochi oggetti registrati fanno ancora parte del Tesoro, in quanto l’integrità del suo patrimonio è stata minata sia dal mutare del gusto che da particolari eventi sia politici che sociali.


Il museo, progettato dall'architetto Franco Albini sotto la direzione di Caterina Marcenaro, all'epoca direttrice dei musei comunali, rispecchia la concezione museografica degli anni cinquanta e contiene documenti ed oggetti storici preziosi relativi alla vita religiosa e civile cittadina.

La struttura espositiva sobria e discreta, e l'illuminazione creata da lampade collocate all'interno delle vetrine o da faretti che dall'alto fanno risplendere gli oggetti, rendono le opere protagoniste assolute restituendo al visitatore una impressione di grande meraviglia e suggestione. Lo spazio museale è composto da un vano d'ingresso pentagonale e da quattro sale circolari di diverse dimensioni, che richiamano, come Albini stesso le aveva definite, le tholoi, antiche tombe micenee; un vano centrale di forma irregolare funge da raccordo tra una tholos e l'altra.

Dallo stretto cunicolo di accesso si arriva al primo ambiente dove, sopra un piedistallo di ferro, è collocata la Statua reliquiario di San Lorenzo. Da qui si apre la prima tholos nella quale è custodito all'interno di una teca cilindrica, il Sacro Catino, la reliquia emblema del Museo. Per uno stretto passaggio si accede al vano centrale di forma esagonale dove sulla sinistra si trova la Cassa Processionale del Corpus Domini insieme a due opere di argenteria genovese dedicate alla Madonna: la Statua e il Pallio d’Altare, e due piviali. Nella seconda tholos si incontra, isolata, la Croce degli Zaccaria e, dentro una vetrina semicircolare: i reliquari rispettivamente del Braccio di S. Anna e del Braccio di San Giacomo, e lo Stipo delle Ceneri di San Giovanni Battista. Ritornando nella sala centrale sulla sinistra si incontra la terza tholos che contiene quattro oggetti legati al culto di San Giovanni Battista: la monumentale Arca delle Ceneri di San Giovanni Battista, il Piatto di San Giovanni Battista, la Cassetta per il rito del bacio delle ceneri di San Giovanni Battista, e l’Arca per le ceneri di San Giovanni Battista detta del Barbarossa. Infine nell’ultima tholos sono riunite opere d’arte sacra e oggetti devozionali risalenti ai secoli XIX e XX; da notare in particolare i calici e il Paliotto del Corpus Domini, l’opera di maggior pregio nella sala.

Elenco dettagliato e descrizione delle opere:

Statua reliquario di San Lorenzo- datata 1828, opera di oreficeria genovese, in argento sbalzato, cesellato, fuso. Donata da Monsignor De Alberti e proprietà del Capitolo della Cattedrale.

(Prima Tholos)

Sacro Catino- manifattura per alcuni romana del I secolo d. C., secondo altri araba del IX secolo d.C.; l'opera è di vetro verde soffiato, ha una forma esagonale, concava e due manici uno per parte. Il cavetto è decorato con una profilatura di pallini in rilievo e contornato da un motivo a stella. Proprietà del Comune di Genova. La tradizione più antica lo identifica come parte del bottino rinvenuto dai Crociati a Cesarea nel 1101 e portato a Genova in quanto ritenuto il Sacro Graal ovvero il piatto utilizzato da Cristo nell'ultima cena per l'istituzione della Sacrestia e da Nicodemo per raccogliere il sangue dopo la crocifissione. Secondo gli scrittori spagnoli faceva invece parte del bottino di Almeria conquistata nel 1147 con l'aiuto dei genovesi; mentre per S. Antonino, vescovo di Firenze sarebbe stato preso dai genovesi a Tortosa in Soria. Di certo vi è che nel XII secolo si trovava a Genova custodito nella cattedrale, nel XIII secolo venne riprodotto da anonimi scultori nelle formelle delle porte di San Lorenzo e nel 1319 venne dato in pegno al cardinale Fieschi per il prestito da lui fatto alla Repubblica Genovese. All'inizio dell'Ottocento Napoleone riuscì a portarlo a Parigi e qui, esaminato da una commissione di fisici, si scoprì che era fatto non di smeraldo, come la tradizione voleva, ma di vetro. Nel 1816 il Sacro Catino tornò a Genova rotto in dieci pezzi e mancante di uno che rimase al Louvre. Nel 1827 venne ricomposto dall'orefice Francesco Semino, nuovamente scomposto nel 1908 ed infine restaurato dall'opificio delle pietre dure di Firenze nel 1951. Due lampade- degli inizi del XIX secolo opera di oreficeria genovese in vermeil. Di proprietà del Capitolo della Cattedrale.

(Sala centrale)

Cassa processionale del Corpus Domini- opera datata tra la metà XVI secolo e gli inizi del successivo in argento dorato intagliato e cesellato. La cassa di forma rettangolare è sorretta ai lati da teste di cherubini alati; le pareti perimetrali, delimitate in basso e in alto da due cornici aggettanti decorate, sono suddivise in dodici formelle a bassorilievo con storie della passione a partire dall'ultima cena fino alla sepoltura di Cristo alternate a figure degli apostoli. La copertura, a tre piani degradanti, presenta sul livello inferiore le figure a tutto tondo dei profeti, seduti in seggi architettonici e separate da formelle rettangolari con teste di cherubini alati e festoni. Sul secondo ripiano sono collocati agli angoli le statue di quattro angeli portacandelabro mentre al centro vi sono statuine di angeli con simboli della passione. Sull'ultimo livello, negli angoli, si trovano le statue di quattro sibille sedute; sopra la copertura un ostensorio a forma di tempietto con, ai lati, due angeli inginocchiati in adorazione. L'opera venne commissionata nel 1553 dal magistrato dei padri del Comune (genovese) per accompagnare la solenne processione del Corpus Domini ed è frutto del lavoro di vari argentieri: tra i quali il milanese Francesco de' Rocchi, a cui venne affidato inizialmente il progetto, artisti di area fiamminga che lavorarono alle formelle centrali molte delle quali elaborate sui disegni di Luca Cambiaso, il veneziano Agostino Groppo a cui si devono le figure dei profeti e delle sibille, tutti artisti attivi a Genova a metà del Cinquecento; con Luca Vigne nel 1611 vennero aggiunte alcune decorazioni ed infine l'opera venne terminata nel 1700. Ancora oggi, a distanza di secoli, la Cassa viene portata in processione lungo le vie della città il giorno della festa del Corpus Domini. Paliotto d’altare – del XVIII secolo opera di oreficeria genovese in argento dorato sbalzato; l’opera è anche chiamata paliotto della Madonna per via della decorazione sulla parte centrale. Secondo alcune fonti venne eseguito su modello delle opere di Francesco Maria Schiaffino. Madonna Immacolata- 1747circa, statua di Francesco Maria Schiaffino in argento sbalzato cesellato. Venne offerta dai genovesi al doge Gio Francesco Brignole Sale e dai lui donata alla cattedrale nel 1748. Piviale- di fine XV secolo, di manifattura italiana con decorazioni a trame d'oro nel tessuto. Secondo la tradizione venne indossato da papa Gelasio II nel 1118 per consacrare la cattedrale di San Lorenzo ma altre fonti lo smentiscono. Piviale- di metà XVI secolo di manifattura genovese in velluto cremisi su fondo laminato d'oro. Alcune fonti sostengono che venne eseguito su disegno di Perin del Vaga. (Seconda tholos)

Croce degli Zaccaria- del XIII secolo, opera di oreficeria bizantina in argento dorato, perle, smeraldi, zaffiri, granati, rubini, agate, corniole, pietre non preziose e cristalli di rocca. La croce presenta al centro due frammenti di legno che la tradizione attribuisce a parti della vera croce; sul lato posteriore entro medaglioni decorati con un motivo a mezze foglie sono raffigurati nella parte centrale, dall'alto verso il basso: il Cristo Pantocratore, la Vergine, San Giovanni Crisostomo, sul braccio destro l'arcangelo Gabriele, sul sinistro l'arcangelo Michele. Dall'iscrizione sul retro si deduce che nel XIII secolo la Croce venne rifatta su modello di quella più antica costruita da Barda, fratello dell'imperatrice Teodolinda e divenuto lui stesso in seguito imperatore. La Croce viene detta degli Zaccaria dal nome della famiglia genovese che la donò nel XV secolo alla cattedrale, secondo alcune fonti arrivò alla famiglia in seguito all'aiuto che diedero nel conquistare Efeso, secondo altri grazie ai possedimenti e all’influenza della famiglia in Oriente. La Croce veniva usata dall'Arcivescovo per benedire il doge appena eletto e in occasione di importanti cerimonie religiose. Reliquiario del braccio di S. Anna- XI-XII secolo opera di oreficeria bizantina in argento dorato. Reliquario del braccio di S. Giacomo- XIV secolo opera di oreficeria lombarda in argento in parte dorato. Stipo delle ceneri di s. Giovanni Battista- XVI-XVII secolo, opera di oreficeria fiorentina in cristallo di rocca, argento dorato, pietre e smalti, appartenuto alla famiglia Pinceti e venduto dopo annose trattative nel 1665 alla cattedrale di Genova.

(Terza tholos)

Arca delle ceneri del Battista- eseguita tra il 1438-45 dagli orafi liguri Teramo Danieli e Simone Caldera, l’opera è in argento in parte dorato con sfondi in talco traslucido porpora, verde e azzurro. La cassa ha la forma di una cattedrale gotica a spioventi, sorretta agli angoli da leoni accovacciati. Sui lati, suddivisi in scomparti sono raffigurate scene della vita di San Giovanni Battista: l’angelo che annuncia a Zaccaria la nascita di Giovanni, la visitazione, la nascita, l’imposizione del nome da parte di Zaccaria; sui lati corti della Casa sono raffigurate le scene dell’angelo che conduce Giovanni fanciullo nel deserto e la sepoltura; sull’altra facciata: la predicazione nel deserto, il battesimo di Gesù, la decollazione, il banchetto di Erode. Negli angoli, entro edicole, vi sono le statue dei quattro santi protettori della città: San Giorgio, San Lorenzo, San Giovanni e San Matteo. Gli scomparti sono sormontati da una cupola ad archi trilobati sulla cui sommità sono statue di angeli e vescovi. I contrafforti che separano uno scomparto dall’altro ospitano dei baldacchini con statue di santi. L’opera venne commissionata dal Doge e dal consiglio degli anziani allo scopo di portare in processione le ceneri del santo patrono della città di Genova, usanza tutt’ora seguita. Piatto di san Giovanni Battista – eseguito nel I secolo d.C. e successivamente decorato con la testa del Battista nel XV, il piatto di arte orientale realizzato in calcedonio venne probabilmente eseguito da orafi dell’area egizio-palestinese mentre la decorazione è opera di artisti di Limoges. Secondo la tradizione sarebbe stato usato per raccogliere la testa del Battista dopo la sua decollazione. L’opera venne donata alla Cattedrale da papa Innocenzo VIII -di origine genovese- il quale, a sua volta, la aveva ricevuta dal cardinale Balue, consigliere e amico del re di Francia. Proprio in questa permanenza francese sarebbe da attribuire la decorazione centrale probabilmente commissionata da un esponente della dinastia dei Valois. Cassetta per il rito del bacio delle ceneri di San Giovanni Battista – manufatto del XVI secolo opera di oreficeria genovese in argento dorato. La cassetta dalle forme geometriche è arricchita da una cornice che presenta elementi ornamentali molto usati da pittori e scultori del Cinquecento a Roma e Firenze. L’iscrizione sopra il coperchio ne rivela la provenienza e “dice”: “nel 1576 l’arcivescovo Cipriano Pallavicini dopo aver raccolto le ceneri del Battista in una borsa di raso, le chiuse dentro questa cassetta rettangolare”. Arca per le ceneri di San Giovanni Battista detta del Barbarossa – opera del XII secolo di oreficeria francese e genovese in legno rivestito da lamine d’argento e pietre. E’ di forma rettangolare con coperchio a doppio spiovente decorato da motivi vegetali. I lati sono divisi in scomparti delimitati da colonnine che “raccontano” con bassorilievi la vita del Santo La facciata anteriore presenta scene del martirio; il fianco: la sepoltura del Battista; sul retro: la nascita di Giovanni Battista, un vescovo,San Giovanni Battista, una scena non comprensibile, il Santo nel deserto e l’angelo; sull’altro fianco: il battesimo di Cristo. Secondo la tradizione sarebbe stata donata alla Cattedrale da Federico Barbarossa nel 1178 durante la sua visita a Genova per adorare le ceneri del Santo. Si tratta di un’opera alla quale lavorarono orafi di diversa formazione; questa affermazione deriva dalle diverse influenze decorative che l’Arca presenta alcune di ascendenza bizantina -ad esempio le pose statiche degli angeli-, altre francese – visibili nelle scende del martirio - altre ancora locale -visibili nelle scene del battesimo.

  • Crocifisso – del XVIII secolo di manifattura genovese in argento fuso.
  • Reliquario dei capelli della Vergine – del XVIII secolo di oreficeria genovese in argento fuso, gemme e smalti.
  • Calice di Santa Maria in Vestibus Albis – del 1589 di oreficeria genovese in argento fuso cesellato e oro.
  • Calice – del XVIII secolo di arte romana in argento fuso.
  • Calice dei Padri del Comune – della seconda metà del XVI secolo opera di manifattura genovese in argento fuso cesellato.
  • Due corone – del 1683 di manifattura romana, in oro e pietre preziose che ornavano il dipinto raffigurante la Madonna del Soccorso.

(Quarta tholos)

Paliotto d’altare del Corpus Domini – del 1599 opera di Melchiorre Suez in argento cesellato, fuso. Entro le nicchie sono raffigurati i quattro evangelisti, mentre negli ovali i martirii di San Giovanni Battista, San Lorenzo e San Sebastiano. Secondo alcune fonti vi avrebbero lavorato anche Tavarone e Bernando Castello. Paliotto d’altare del Santissimo Sacramento – opera del 1892, di argenteria genovese in argento sbalzato fuso; al centro è raffigurata l’ultima cena di Leonardo da Vinci.

  • Calice di Sant’Antonio di Prè – del 1791 opera di Vincenzo Coaci in argento fuso dorato.
  • Calice – del XVIII secolo di arte genovese in argento fuso.
  • Reliquiario della Sacra Spina – del XIX secolo opera di manifattura italiana in argento fuso dorato.
  • Calice – del XVI secolo di argenteria genovese in argento fuso, cesellato.
  • Calice – del XVI secolo di argenteria genovese in argento fuso, cesellato.
  • Ostensorio - del XIX secolo di argenteria genovese in argento fuso, dorato e gemme.
  • Ostensorio - del XIX secolo di argenteria genovese in argento fuso, dorato, sbalzato.
  • Ostensorio del cardinale Spina - del XIX secolo di argenteria genovese in argento fuso, dorato, sbalzato.
  • Calamaio di papa Benedetto XV – del XX secolo opera di oreficeria italiana in oro fuso e smalti.
  • Calice di papa Leone XIII – del 1887 di oreficeria napoletana in argento dorato e smalti.
  • Calice di papa Pio IX – del 1887 di oreficeria francese in argenti dorato e smalti.
  • Collana – del XX secolo di oreficeria genovese in oro e gemme. Si tratta di un ex voto.
  • Braccialetto con moneta del 1792 – opera del XIX secolo di oreficeria genovese in oro e granati. Si tratta di un ex voto.
  • Ex voto in forma di cuore – del XX secolo di oreficeria genovese in oro e pietre preziose.

Pisside di papa Benedetto XV – del 1918 di oreficeria italiana in argento dorato, perle e gemme.

  • Ostensorio – del 1935 di oreficeria genovese in oro e pietre preziose.
  • Calice - del 1935 di oreficeria genovese in oro e pietre preziose.
  • Croce pettorale – del XVIII secolo appartenuta al cardinale Giuseppe Siri e da lui donata al Museo.
  • Croce pettorale – del XIX secolo appartenuta al cardinale Giuseppe Siri e da lui donata al Museo.
  • Anello pastorale – del 1945 appartenuto al cardinale Giuseppe Siri e da lui donato al Museo.
  • Anello pastorale – del XX secolo appartenuto al cardinale Giuseppe Siri e da lui donato al Museo.
  • Anello pastorale – del XIX secolo appartenuto al cardinale Giuseppe Siri e da lui donato al Museo.
  • Anello pastorale – del 1950 appartenuto al cardinale Giuseppe Siri e da lui donato al Museo.
  • Anello pastorale – del XX secolo appartenuto al cardinale Giuseppe Siri e da lui donato al Museo.

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Bibliografia

Castagna D., Masini M.U. (1929), Genova. Guida Storico Artistica, Genova: M.U. Masini Editore

Dagnino A. Di Fabio C. a cura di (1988), San Lorenzo e il museo del tesoro, Genova: Sagep Editrice

Marcenaro C. (1969), Il museo del tesoro della cattedrale a Genova, Milano: Silvana Editoriale D'Arte

Marica P. (2000), Museo del Tesoro, Genova: Sagep

Papone E. (1991), Il passato il presente. I musei del comune di Genova, Genova: Edizioni Colombo

Touring Club Italiano a cura di (1999), Strade Nuove per Vie Antiche. Pellegrini in Liguria, Milano: Touring Editore

Touring Club Italiano a cura di (2002), Genova e provincia. I borghi delle due riviere le valli dell'entroterra, Milano: Touring Editore

Ufficio Musei e Beni Culturali a cura di (1987), Guida ai Musei della Liguria, Milano: Electa

 

Le Guide

Dice Carlo Giuseppe Ratti che il Sacro Catino«fu conquistato nella presa di Cefarea l'anno 1101 dal prode Guglielmo Embriaco, e dal lui donato alla cattedrale. Dell'uso intorno ad esso son diverse le opinioni: certo si è ch'egli è un vaso di gran rarità, e valore. Ha la figura sessagona, con due manichi fuori incavati, uno ancor rozzo, e l'altro di già pulito. Della sua forma se ne vegga qui il rame: la sua misura è questa. Il diametro dell'orlo è di un palmo, once sette, e mezza; di palmi cinque un'oncia meno la circonferenza; di once sei la cavità inferiore; e di once otto l'esteriore altezza».

                                                                              Paola Bottaro

 

Davide Bertolotti in Viaggio nella liguria marittima descrive minuziosamente le capppelle del duomo e i tesori della chiesa, dopo aver elencato le più importanti opere presenti afferma: «Potrei mostrarvi altre pitture e scolture nel duomo di Genova [...] ma per amore di brevità darò fine col favellarvi di due rarità, che insigni tra le altre, serbansi nel tesoro della chisa. Una è la così detta Cassa di S. Gio. Batista ossia la stupenda arca d'effigiato argento dentro la quale vengono portate in processione le ceneri del Santo. E' un'opera di cesello con aschitetture e storie ed immaginazioni, condotte con singolarissimo amore. Ha la data del 1437, ed il nome dell'artefice ch'è Teramo Daniele o di Daniele. [...] L'altra è una coppa di vetro colorato ed ora spezzato, la quale fu già reputata "d'inestimabile pregio e del valsente di più reami." Conciofossechè la credessero fatta di un finissimo smeraldo tutto d'un pezzo. Parlo della tazza sì famosa col nome di Sacro Catino, che dicevano uno dei doni portati dalla reina Saba al sapiente re d'Isaele. Guglielmo Embriaco, condottier de' Genovesi, a quale fu data l'elezion delle spoglie nell'espugnazione di Cesarea fatta in comune da tre popoli Crociati, avea scelto per se quest'unica tazza, e portatala in dono alla cattedrale della sua patria. Per sei secoli ella venne tenuta la meraviglia delle gemme. Ma finalmente i dotti viaggiatori KeysslerBarthelemy e La-Condamine sospettarono potesse esssere di vetro colorato. La trasportarono a Parigi i Francesi al tempo dell'ultimo loro dominio, e il dubbio trasmutossi in certezza. Essa ritornò a Genova in pezzi. La città la fece rilegare in oro. Rimane tuttora come prezioso monumento della perfezione a cui gli antichi aveano portato l'arte di colorare il vetro.»

                                                                               Martina Mazza


Giuseppe Banchero in Genova e le due riviere riferendosi al Sacro Catino scrive: «Frutto di segnalata vittoria fu questa preziosa gemma».
L'opera, secondo Banchero, deriverebbe infatti dalla spartizione del bottino di guerra ottenuto in seguito alla presa di Cesarea nel 1101. L'autore continua: «che fosse questo vaso adoperato dal Salvatore nell'ultima cena, è vocepopolare ed antica. Si tiene per opera romana dell'età di Augusto; collocato ad uso di abluzioni o cosa somigliantenel tempio di Erode innalzato in Cesarea a quello imperatore». Dal 1101 al 1812 il Catino è custodito a Genova, ma nel 1815 viene portato a Parigi. «Compreso il Catino nella memorabile restituzione del 1815, aperta la cassa si trovò rotto in molti pezzi e mancante di uno,il quale probabilmente dovette servire all'analisi del medesimo. La Città, Sindaco il Marchese Stefano Rivarola, lo fece ricongiungere alla meglio, con un labbro di nobile metallo, sul quale l'ingegnoso orefice Franco Semino intagliò alcune parole [...]. Così ricomposto,e allogato in un astuccio d'argento si tenne custodito gelosamente in una cassa di ferro: ignoro se sia la medesima che fabbricò nel 1526 un certo Piero [...]. Esagonale è la forma. [...] Il suo colore è verde smeraldo. [...] É depositato nella sacristia de' Canonici di questa cattedrale, ma le chiavi si tengono presso i Sindaci della Città, sicchèchi brama vederlo, è d'uopo prima rivolgersi all'ufficio de' medesimi».

                                                                               Davide Ferraris

 

Federico Alizeri nel 1875, scrive che nella Cattedrale di S.Lorenzo si trova un tesoro d'arte e d'antichità custodito gelosamente in vari loculi e ripostigli. «Fino a buon tratto del nostro secolo si tenne in conto di preziosissima gemma il Catino ottagonale che Guglielmo Embriaco nel 1110 si portò dal conquisto di Cesarea e come sacra reliquia porse in dono alla Cattedrale. Rapito dagli agenti dell'Impero francese e rotto in più pezzi durante il tragitto, di smeraldo che si credeva inestimabile, divenne meraviglia dell'antico magistero nella vetraria. Scemato il valor venale, non iscadde per nulla il pregio ch'egli toglie dalla antichità e dalla storia: e opportuna testimonianza ne rese il Comune, che restituito dai rapitori ne saldò le rotture con opera d'argento e per sottile industria di orefici. Altro arnese ricchissimo è una patera o catinello di calcedonia, con rilevata nel mezzo la testa tronca del Precursore, scolpita d'oro a cisello e a più tinte smaltata. Fu anticamente invidiata suppellettile del cardinale di Balu; al quale piaque di farsene merito con papa Innocenzo VIII, per buona ventura di Genova nostra. Perrochè il pontefice, già nostro cittadino, nè mai dimenticato della cara patria, venendo a morte nel 1492, s'aperse del suo disegno che tal gemma venisse in presente alla Cappella del santo, e accennò di consegnarla a tale che la recasse a Genova sicuramente. Tra con preghiere e promosse glie la strappò di mano Franceschino Cibo suo figlio, con animo deliberativo a frodarcene; ma potè più lui la giustizia, e la fermezza de' Priori a volerla. Vien terza una Croce d'argento screziata di ornamenti e d'immagini, e distinta di gemme e di greci caratteri, comunemente appellata dei Zaccaria, per la fama vulgata (o vera o irronea che sia) che alcuni di questa famiglia l'avesse in dono da un imperator bizantino. Nel secolo XV fu privilegio del nobil Consorzio di Carità e di Benivolenza il recarla processionando, e a costoro spese fu decorata d'un piede a cisello da Giovanni Valerio ingegnoso fabbro. Fece per volger di tempo sacrato ornamento a parecchie solennità, ed anch' oggi si espone alla pietà dei fedeli al tornar della festa che s'intitola del santo Legno».
Alizeri continua menzionando «due Casse od urne che servono a pubblica pompa: l'una a condurre per la città le Ceneri del Battista nell'ottava di Pasqua, la seconda nel Corpus Domini a recar l'Ostia sacra». La prima ha un aspetto d'arca e tutto intorno vi sono le storie del Precursore in vario rilievo, mentre nei quattro spigoli si trovano le immagini dei santi patroni. Il metallo utilizzato è schietto argento ma il valore dell'opera è dato dalla cura dei piccoli accessori che lo compongono, cimieri, guglie, trafori. Una scritta ci dice che il magnifico vaso fu terminato nel maggio del 1438 a spese del devoto Consorzio e il nome dell'orafo, Teramo, cioè Daniele da Porto Maurizio. L'altra ha forma d' "avello", caratterizzata da bassorilievi cesellati per tutte le facce del quadrilatero, distinti ogniuno da profeti entro nicchie e da vari ornamenti. I disegni sono di Francesco de'Rocchi milanese, considerato il migliore fra gli orafi e i maestri di "grosserie" che operavano a Genova. Il lavoro fu poi terminato da Agostino Groppo. A questi due artefici è dovuto il corpo dell'urna ma altri si occuparono delle singole parti. A questa cassa collaborarono uca CambiasoTommaso UtplutenRanieri FocsBaldassarre Martines ed Arrigo fiammingo e Luca VigneIlario Croce lavorò al tabernacolo che raccoglie l'Ostia Eucaristica. Le quattro statue d'argento, rizzate sugli angoli, sono opera di maestri d'Anversa. Fra queste preziosità è degno di nota un "palliotto" d'argento commesso dai Padri a Melchior Suez alemanno nel 1599, come ornamento dell'altare maggiore.

                                                                             Elisa Giustarini 

--Claudia Peirè 17:40, 3 Jun 2010 (CEST)

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I Viaggiatori

Charles de Brosses nella sua opera Viaggio in Italia. Lettere famigliari ricorda, in data 1 luglio 1739, la sua visita alla cattedrale di San Lorenzo e al suo tesoro: «Andai nella sacrestia per vedere il famoso piatto concavo [...] fatto di un solo smeraldo, che è, si dice, un regalo della regina di Saba a Salomone. [...] ma io riuscii a vederne solo la copia; l'originale è in un armadio di ferro del quale il doge ha la chiave in tasca. Pensai non fosse il caso di andarglielo a domandare. Credo che il padre Labat non sia stato più audace di me; quindi è un bugiardo patentato quando dice di averlo veduto più e più volte. La verità è che soltanto quando passano dei principi il doge, accompagnato da tutta la guardia, va a mostrar loro quella meraviglia».

                                                                             Davide Ferraris


Paul de Musset in Voyage pittoresque en Italie si sofferma ,all'interno della sacrestia della cattedrale, sul catino d'oro, ornato di grandi perle, concesso alla città di Genova in cambio della sua partecipazione alla seconda Crociata. Secondo la tradizione il catino, le cui perle sarebbero state donate dalla regina di Saba al re Salomone, sarebbe stato utilizzato da Cristo durante l'ultima cena. Secondo Paul de Musset, tuttavia, questa non è una teoria molto credibile, poichè un oggetto di tale valore sarebbe stato in contrasto con la semplicità della tavola e la frugalità delle vivande. Uno studio di un esperto di metalli e gemme avrebbe poi messo in luce come in realtà il catino fosse di vetro. Notevole è stata la delusione della fabbrica di San Lorenzo che, a giudizio dell'autore, non ha trovato di consolazione l'elevato grado di perfezione ragiunto in passato nella lavorazione del vetro.

                                                                             Davide Ferraris 

--Claudia Peirè 17:40, 3 Jun 2010 (CEST)

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Bibliografia Guide

  • Alizeri Federico, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Bologna, Forni Editore, 1972 pag. 12-20
  • Banchero Giuseppe, Genova e le due riviere, Parte III, Luigi Pellas Editore, Genova, 1846, pag. 73
  • Bertolotti Davide, Viaggio nella Liguria Marittima, Vol. II, Torino, Eredi Botta Editori, 1834, pag.
  • Ratti Carlo Giuseppe, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura scultura et architettura autore Carlo Giuseppe Ratti pittor genovese, Genova, Ivone Gravier, 1780, pag. 52-53

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Bibliografia Viaggiatori

  • Brosses de Charles, Viaggio in Italia. Lettere famigliari, Roma-Bari, Laterza, 1992, pag. 42
  • Musset de Paul, Voyage pittoresque en Italie septentrionale, Parigi 1855, pag. 134-135
Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022